lunedì 26 marzo 2012

Una controriforma che riduce le persone a merci


Usiamo i termini giusti: questa non è una riforma, ma una controriforma». Nichi Vendola e’ netto. Nessuna apertura di credito verso la riforma del mercato del lavoro e nessuna fiducia nel fatto che questo Parlamento riesca a migliorare il testo annunciato dal governo Monti. Per questo, ragiona, il Pd dovrebbe dire «no».

Vendola, ma lei non salva nulla di questa riforma?
«Chiamiamo le cose con il loro nome e smettiamola di vivere in questa specie di slittamento semantico perpetuo. Ormai c’e’ un vocabolario orwelliano che domina la Repubblica. Un tempo le riforme aprivano la strada a piu’ diritti e facevano crescere il benessere materiale delle persone, oggi si prova a chiamare riforma tutto cio’ che riduce i diritti e produce un arretramento sociale. Quella di cui parliamo e’ una controriforma del lavoro, in perfetta continuita’ con quanto fatto dal ministro Sacconi».

Ma persino la Cigl ammette che ci sono delle cose positive.
«E’ evidente che io salvo le norme contro le dimissioni in bianco e il congedo di paternita’ obbligatoria, sono cose che appartengono alla nostra battaglia. Ma in un quadro di smantellamento dei diritti rischiano di essere semplicemente uno specchietto per le allodole».

Il Pd, come le forze sociali, chiedono modifiche in Parlamento. Non crede sia una strada?
«Non e’ stato reso un buon servizio alla causa annunciando, come hanno fatto le forze che sostengono il governo, un si’ scontato ad ogni provvedimento di questo esecutivo, in questo modo si indebolisce molto la forza di un negoziato. E’ stato un errore di tutti i leader che cosi’ hanno predisposto molteplici autostrade all’avanzata dell’offensiva liberista e su questo hanno giocato con formidabile arroganza il premier Monti e con poco stile tecnico il ministro Fornero. Quello che si accinge a fare il Parlamento non e’ altro che saldare i conti con la modernità e l’Europa».

Ma anche la Cei e’ stata dura. Crede che Cisl, governo e Parlamento possano far finta di niente?
«E’ la sinistra a dover rigettare un’ idea di modernita’ che presuppone la riduzione delle persone al rango di merci. Vorrei ricordare che la modernita’ nella storia del movimento operaio italiano e’ stata rappresentata dal rifiuto della monetizzazione dei diritti. Il movimento ambientalista è nato anche dentro le fabbriche quando gli operai hanno detto no alla monetizzazione del rischio e hanno rivendicato condizioni di salubrita’ nei luoghi di lavoro. Questa idea di modernita’ che fa la spola tra Detroit e Torino, fatta di sacrifici a senso unico e di un rigore che assomiglia a un processo di sadismo sociale e’ completamente sbagliata».

Sta dicendo che dopo la riforma previdenziale, quella dellarticolo 18 sembra accanimento?
«Esattamente, perche’ dopo la riforma delle pensioni e la riforma del lavoro, l’unica modernita’ che vedo e’ quella delle compagnie di assicurazioni che scaldano i muscoli per surrogare il vuoto di diritti sociali. Uscire dal Novecento in questo modo vuol dire fare un salto indietro, non avanti. Uso sempre la metafora vangelica: il lavoro e’ stato la pietra di scarto in un tempo lungo della storia umana, le lotte del movimento dei lavoratori lo hanno trasformato in una pietra angolare, tanto che il lavoro ha segnato le linee costituzionali delle democrazie».

Bersani, seppur molto critico con questa riforma, ha detto che non togliera’ la fiducia al governo. Sbaglia?
«Se il Pd non riesce a cambiare questa riforma la deve bocciare. La riforma del mercato del lavoro avrebbe dovuto affrontare una serie di temi cruciali per il Paese come la lotta al lavoro nero e lo smantellamento del circo feroce dei 47 contratti di lavoro precario. L’attuale precarieta’ non e’ un fenomeno meterologico ma una costruzione normativa: volevano aprire il mercato del lavoro e guardate dove siamo arrivati. Il futuro e’ diventato una minaccia per un’intera generazione anziche’ il tempo della stessa speranza. E sul tavolo restano ancora il tema di un reddito minimo e l’universalita’ degli ammortizzatori sociali».

Monti ritiene indispensabile la riforma per dare un segnale ai mercati.
«Ma secondo lei gli imprenditori stranieri non vengono in Italia perche’ c’e’ l’articolo 18? E’ una balla. Nel Sud non vengono perche’ non ci sono infrastrutture, perché c’e’ una lentezza burocratica spaventosa, una pressione fiscale altissima e il costo aggiuntivo della tassa della corruzione. Questi sono i mali da estirpare per attirare capitali e investimenti in un Paese che ormai vede bloccati gli ascensori sociali e non ha piu’ ricambio nel mondo del lavoro perche’ non c’e’ turn over».

Ma se il Pd alla fine vota Sel come si regolera’ in vista delle elezioni?
«La questione non e’ come si regolera’ Sel. Il nodo e’ come la sinistra affronta questi temi. Non puo’ usarli strumentalmente».

Restiamo in tema. A Palermo lIdv ha mollato lalleanza e si presenta da sola alle amministrative. Ci si può fidare di un partito cosi’?
«I nodi aggrovigliati della politica palermitana andrebbero sciolti con un dibattito molto piu’ franco. C’e stata una lotta senza quartiere nel Pd, c’e’ una spaccatura verticale rispetto alla collocazione regionale del partito di Lombardo. Sel ha atteso che la Commissione dei garanti procedesse alla validazione delle primarie e nel rispetto di 30mila elettori oggi ha un candidato che si chiama Ferrandelli. Ho amicizia e rispetto per Orlando, ma ha compiuto un errore. Tuttavia credo che si debba andare oltre perche’ il centrosinistra ha il dovere di ricomporsi per governare una città che e’ stata spolpata viva dalla destra».

Maria Zegarelli

fonte: L’Unità

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