«Né io né Grasso
apparteniamo alla casta, siamo persone normali come il 99 per cento
degli italiani»: così Laura Boldrini ha risposto ieri all’ingresso di
Montecitorio, di ritorno (sempre a piedi) dalle consultazioni al
Quirinale. Entrambi i presidenti delle Camere si sono già autoridotti lo
stipendio. Il loro piano «francescano» per la riduzione degli stipendi a
deputati e senatori va avanti, e sarà sottoposto all’ufficio di
presidenza di entrambi i rami del Parlamento (che sarà eletto oggi) e da
questo ratificato.
Nessuno dei due presidenti risponde a Beppe Grillo che, puntualmente,
ha materializzato sul blog l’hashtag #fatelovoi, alzando le
(perentorie) richieste: dimezzatevi lo stipendio come hanno fatto i 5
Stelle, dite se si tratta del compenso da parlamentare o dell’indennità
di presidenza, infine sforbiciate voi le entrate dei parlamentari e, già
che ci siete, cancellate anche i rimborsi elettorali.
Pietro Grasso lo stipendio se l’è dimezzato: in totale dai 18.600
euro netti mensili prenderà 9.300 euro netti, quindi è già arrivato alla
soglia del 50% che aveva annunciato partendo dal 30%. Alcune voci,
ritenute «irrinunciabili» dagli uffici parlamentari, non sono state
abolite (ma diminuite anziché raddoppiate per la carica più alta).
Cancellate invece altre voci: via la diaria di soggiorno, 3.500 euro,
via il rimborso forfettario delle spese generali, 1650 euro e le spese
per l’esercizio di mandato, 4.180. Tutte cifre nette. Grasso rinuncia
anche all’appartamento a Palazzo Giustiniani e a tre autisti. In
pratica, avendo già la sua scorta, rinuncia a raddoppiarla e, di fatto,
avrà la metà degli uomini previsti per scortare il presidente del
Senato. E ha dimezzato anche il budget per lo staff, da 1 milione e
500mila euro a 750mila annui. In generale per Palazzo Madama il
presidente Grasso, che ieri ha incontrato il capogruppo M5S Vito Crimi,
eliminerà i rimborsi spese a forfait: saranno possibili solo quelli con
ricevute giustificabili come spese istituzionali. E per i collaboratori
proporrà che siano assunti con contratti a tempo determinato.
Anche Laura Boldrini ha risposto a Grillo con i fatti: in totale
riceverà un importo netto mensile di 12.500 euro, cinquemila in meno (il
30%) dei precedenti 17.760 per l’indennità parlamentare (indicata per
legge) e per la diaria di soggiorno (voce «irrinunciabile»). Il taglio
sarà già del 50% sul rimborso spese per l’esercizio del mandato
parlamentare: 1.845 euro rispetto a 3.690; altro taglio della metà
all’indennità alla carica di presidente: 1.900 anziché 3.800. Non solo,
azzerate le spese accessorie di viaggio, niente rimborso delle spese
telefoniche e rinuncia dell’alloggio di servizio a Montecitorio. Per lo
staff e i collaboratori la cifra è scesa a 1 milione di euro lordi, da 1
milione 400mila euro. Già asciugata la «mazzetta» dei giornali: sul
tavolo della neo presidente ogni mattina solo quattro quotidiani tutti
stranieri, il resto è on line. E il «Laura’s style» prevede anche il
pranzo nella mensa di Montecitorio anziché il ristorante, self service
comunque già frequentato da Bertinotti e da Casini.
Il piano di tagli prevede anche più ore di lavoro, addio processioni
di deputati e senatori con il trolley il giovedì pomeriggio in partenza
per il weekend extralarge (con ritorno il martedì mattina), non più 48
ore settimanali bensì 96, il doppio, «dal lunedì al venerdì», ha detto
Pietro Grasso a Ballarò, e anzi «si può fare di più», ha aggiunto. Il
taglio agli stipendi dovrebbe riguardare anche i dipendenti della Camera
con «retribuzioni molto alte», ha spiegato Laura Bodrini
nell’intervista di Floris, ma «discussi con i sindacati».
A Montecitorio serpeggiano mugugni e preoccupazioni tra i funzionari
di rango, alcuni disponibili a discuterne con i sindacati, altri vedono
in pericolo diritti acquisiti. Più allarmate le segreterie, che temono
il freddo di una scure sulle loro teste. Per ora si è abbattuta quella
di Brunetta, capogruppo Pdl col pallino dei tornelli… chiusi per 60
collaboratori del gruppo, già messi alla porta.
Nel comunicato congiunto martedì sera erano indicate le linee guida
delle sforbiciate: riduzione dal 30 fino al 50% anche per i «titolari di
alte cariche interne» (presidenti di commissione, vicepresidenti etc).
Via le spese di rappresentanza e mai più rimborsi forfettari: «Da che
mondo è mondo sono abituato a giustificare le spese», ha detto Grasso a
Ballarò.
dal sito dell’Unitàonline
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