lunedì 16 gennaio 2012

“Keep writing, keep dreaming”. Ciao Eric.


Mercoledì scorso Eric James Borges, un ragazzo californiano di 19 anni, omosessuale, ha deciso di togliersi la vita. Non sopportava più le offese, gli insulti, le risate di scherno, le violenze, le derisioni, l’emarginazione e la non accettazione che molti ragazzi gay sono costretti a subire. Era un attivista, faceva parte del progetto Trevor, il quale si concentra sui suicidi degli omosessuali per via del bullismo omofobo. 
Cresciuto in una famiglia “ultra-cristiana”, Eric ha subito violenze verbali e fisiche da parte dei suoi genitori che, prima di cacciarlo di casa, hanno tentato di esorcizzarlo. Speravano di ‘guarirlo’, di allontanarlo dal peccato. Neanche gli ambienti scolastici gli hanno garantito la pace, un clima sereno in cui vivere, un gruppo-classe che non si facesse problemi. ”Il mio nome non era Eric, ma finocchio. Il culmine l’ho raggiunto quando sono stato assalito da tutta la classe davanti all’insegnante. Ho lasciato la scuola e ho studiato da privatista”, raccontava in un video per la campagna contro l’omofobia “It Gets Better” (“Andrà meglio”).

Eric aveva una passione: era un videomaker. Ha realizzato, appena due mesi fa, un cortometraggio chiamato ‘Invisible Creatures’in cui sono presenti tre coppie, due omosessuali e una eterosessuale, che mostrano il loro amore attraverso baci, carezze, abbracci, sguardi. Il senso del filmato è spiegato alla fine del video: “Love is universal. It has the strength to decimate the threshold of all prejudice, all inequity” (“L’amore è universale. Ha il potere di decimare i confini di ogni pregiudizio, di ogni ingiustizia”).
In Italia e non solo viviamo ancora con i miti del “vir romanus”, quello che basa tutto sul predominio, sull’etica del vanto e sulla superiorità fisica, la cui virilità viene prima di tutti e tutto. Di omofobia si muore ancora e quando questo non avviene l’omosessuale viene comunque messo in secondo piano, viene considerato un cittadino di serie B che, prima di essere ascoltato, deve fare la fila partendo eternamente dall’ultimo posto.Questo avviene non solo a destra, non solo tra gli strati meno acculturati della popolazione e facilmente suggestionabili dalle parole di una certa politica, del Vaticano o di determinati opinionisti televisivi, ma anche a sinistra, la stessa sinistra che dovrebbe “essere viva e felice solo se lo sono anche gli altri”. Impossibile dimenticare le parole di Massimo D’Alema, che disse che “dinanzi alla crisi, i diritti dei gay non sono una priorità”. diritti umani, civili e sociali possano essere gerarchizzati secondo una scala di valori: “Prima vengono i problemi di noi normali che siamo cittadini di serie A, poi possiamo pensare a voi che siete di serie B”.
La storia triste e tragica di Eric deve essere un monito per tutti noi: la lotta contro l’omofobia e per il pieno riconoscimento dei diritti degli omosessuali, delle lesbiche, dei transessuali non può essere fatta solo in occasione dei Gay Pride e/o durante le campagne elettorali. Ogni giorno occorre impegnarsi attivamente per estirpare la piaga del giudizio e del pregiudizio, senza paura di essere additati o etichettati.
“Ragazzi, andrà meglio”, prometteva Eric appena un mese. Così, purtroppo, non è stato. Una vita, un esempio di vita, è stato spezzato dall’ignoranza della gente. Un esempio di amore senza confini e senza barriere, quell’amore universale capace di decimare i confini del pregiudizio. Ciao Eric e grazie:noi eterosessuali, omosessuali, lesbiche, transessuali, tutti insieme, porteremo avanti la tua battaglia. “It gets better” o, come avresti detto tu, “Keep writing, keep dreaming”.
Pasquale Videtta

Nessun commento:

Posta un commento