martedì 2 ottobre 2012

Due passi avanti


Non sarà un presunto cavillo di forma a fermarmi. E non mi fermerà nemmeno la confusione politica e istituzionale agitata ad arte a Roma due giorni prima della presentazione delle liste. Da cittadino italiano e siciliano, da candidato alla presidenza di un progetto politico forte e condiviso, non mi rassegno, non rinuncio, non mi ritiro: anzi, rilancio. Sono in campo accanto a Giovanna Marano. Con la stessa ambizione di ieri: restituire ai siciliani una politica che si prenda cura della loro vita e dei loro diritti. Un’ambizione condivisa dai tanti che in queste settimane sono cresciuti e si sono raccolti attorno a noi. Ma forse proprio l’idea che questa terra potesse finalmente liberarsi dalle tossine del passato, l’idea che anche la Sicilia diventasse buon laboratorio di democrazia e non più terra di appartenenze e di obbedienze ha destato molte preoccupazioni. A Sicilia e a Roma.
Ecco i fatti, riepilogati per un’ultima volta.

Esiste nella legge elettorale siciliana una norma anticostituzionale che impedisce a un cittadino italiano non residente nell’isola di potersi candidare alla presidenza della Regione. Una sorta di jus sanguinis travestito da certificato di residenza. Norma grottesca, unica in Italia, ridicola nello spirito che la anima: ma la norma c’è. E in attesa di dichiararla anticostituzionale, ci siamo adeguati. Per cui il cittadino Claudio Fava ha mutato la propria residenza da Roma alla Sicilia. Ribadisce una legge ordinaria dello Stato del 2012 che per potersi candidare l’iscrizione nelle liste elettorali fa fede al momento della presentazione di liste e candidature: cioè – nel nostro caso – il 28 settembre. E io sono residente in Sicilia dal 18 settembre.
Dice invece un regolamento regionale del ’67, dunque vecchio di 35 anni, che il cambio di residenza va effettuato 45 giorni prima delle consultazioni elettorali. Lo sapevamo. Ma sappiamo anche – come ci confermano tutti i giuristi a cui ci siamo rivolti – che il termine che conta, e che fa fede, è quello indicato nella recente legge dello Stato (l’anagrafe dei cittadini è materia di competenza esclusiva dello Stato). Per cui eravamo pronti a presentare candidatura e certificati senza alcun timore.
Due giorni prima dal Viminale parte un’offensiva: «Riteniamo (senza conoscere le carte, dunque per pura profezia…) che Fava non sia candidabile». Errori nelle liste, dice il ministro. Le fanno notare che le liste non sono state presentate. Errori formali sulla residenza del candidato, rettifica il ministro. Nessun errore: sono residente in Sicilia. Il ministro tace ma a quel punto il danno (danno politico e personale) ormai è fatto. Con il Viminale che si pronunzia anticipatamente contro una candidatura, quale ufficio elettorale potrà mai ammetterla?
Avrei potuto tenere il punto, sapendo che candidatura e liste non sarebbero state accolte, e che rischiavamo di compromettere il progetto politico e la presenza dei nostri consiglieri nell’Ars per l’interpretazione che un funzionario avrebbe dato sul conflitto tra quelle due norme. E con la pressione istituzionale contro questa candidatura, l’esito era scontato. Certo, ci sarebbe stato il ricorso: ma con noi assenti dalla campagna elettorale. Troppo comodo per i nostri avversari.
Per cui, un passo indietro e due avanti: non più un presidente ma una coppia di presidenti, una squadra, un uomo e una donna che intendono con ancor più forza portare avanti il progetto di Libera Sicilia. Claudio Fava e Giovanna Marano. Lo stesso simbolo, la stessa idea civile, la stessa convinzione che oggi tutto questo sia possibile.
È stata una scelta di responsabilità. Una scelta per me convinta e al tempo stesso dolorosa: la convinzione di poter offrire a una splendida candidata come Giovanna Marano il compito di raccogliere questa sfida, il dolore di aver subito – io, voi, tutti – una violenza politica da parte di chi ha costruito, fra Termini Imerese e Roma, la campagna d’opinione sui presunti vizi di forma della mia candidatura.
Gli stessi che adesso, con umana miseria, imbeccano i giornalisti di qualche foglio amico per far credere che questa trappola sia stata pensata dentro i nostri partiti. Che sono invece il nostro punto di forza. La determinazione con cui SEL e Nichi mi hanno accompagnato in questi mesi, la convinzione con cui hanno sostenuto le mie scelte di questi giorni sono state il mio punto di forza.
Questa forza, questa convinzione adesso deve diventare l’anima della nostra campagna elettorale. Con Giovanna, con i nostri assessori, con i candidati, con le donne e gli uomini che si sono riconosciuti nelle parole libere di questo progetto. Governare senza firmare cambiali, partecipare senza chiedere permesso, scegliere senza dover obbedire a nessuno. È la Sicilia che vogliamo e che c’è già: aiutatemi in queste settimane a far sì che questa Sicilia sappia di sé, che mantenga intatto l’orgoglio della sfida. Io ci sono e ci sarò. Con la nostra faccia, col vostro cuore questa terra la libereremo.

Claudio Fava

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