Non sarà un presunto cavillo di forma a fermarmi. E non mi
fermerà nemmeno la confusione politica e istituzionale agitata ad arte a
Roma due giorni prima della presentazione delle liste. Da cittadino
italiano e siciliano, da candidato alla presidenza di un progetto
politico forte e condiviso, non mi rassegno, non rinuncio, non mi
ritiro: anzi, rilancio. Sono in campo accanto a Giovanna Marano. Con la
stessa ambizione di ieri: restituire ai siciliani una politica che si
prenda cura della loro vita e dei loro diritti. Un’ambizione condivisa
dai tanti che in queste settimane sono cresciuti e si sono raccolti
attorno a noi. Ma forse proprio l’idea che questa terra potesse
finalmente liberarsi dalle tossine del passato, l’idea che anche la
Sicilia diventasse buon laboratorio di democrazia e non più terra di
appartenenze e di obbedienze ha destato molte preoccupazioni. A Sicilia e
a Roma.
Ecco i fatti, riepilogati per un’ultima volta.
Esiste nella legge elettorale siciliana una norma anticostituzionale
che impedisce a un cittadino italiano non residente nell’isola di
potersi candidare alla presidenza della Regione. Una sorta di jus
sanguinis travestito da certificato di residenza. Norma grottesca, unica
in Italia, ridicola nello spirito che la anima: ma la norma c’è. E in
attesa di dichiararla anticostituzionale, ci siamo adeguati. Per cui il
cittadino Claudio Fava ha mutato la propria residenza da Roma alla
Sicilia. Ribadisce una legge ordinaria dello Stato del 2012 che per
potersi candidare l’iscrizione nelle liste elettorali fa fede al momento
della presentazione di liste e candidature: cioè – nel nostro caso – il
28 settembre. E io sono residente in Sicilia dal 18 settembre.
Dice invece un regolamento regionale del ’67, dunque vecchio di 35
anni, che il cambio di residenza va effettuato 45 giorni prima delle
consultazioni elettorali. Lo sapevamo. Ma sappiamo anche – come ci
confermano tutti i giuristi a cui ci siamo rivolti – che il termine che
conta, e che fa fede, è quello indicato nella recente legge dello Stato
(l’anagrafe dei cittadini è materia di competenza esclusiva dello
Stato). Per cui eravamo pronti a presentare candidatura e certificati
senza alcun timore.
Due giorni prima dal Viminale parte un’offensiva: «Riteniamo (senza
conoscere le carte, dunque per pura profezia…) che Fava non sia
candidabile». Errori nelle liste, dice il ministro. Le fanno notare che
le liste non sono state presentate. Errori formali sulla residenza del
candidato, rettifica il ministro. Nessun errore: sono residente in
Sicilia. Il ministro tace ma a quel punto il danno (danno politico e
personale) ormai è fatto. Con il Viminale che si pronunzia
anticipatamente contro una candidatura, quale ufficio elettorale potrà
mai ammetterla?
Avrei potuto tenere il punto, sapendo che candidatura e liste non
sarebbero state accolte, e che rischiavamo di compromettere il progetto
politico e la presenza dei nostri consiglieri nell’Ars per
l’interpretazione che un funzionario avrebbe dato sul conflitto tra
quelle due norme. E con la pressione istituzionale contro questa
candidatura, l’esito era scontato. Certo, ci sarebbe stato il ricorso:
ma con noi assenti dalla campagna elettorale. Troppo comodo per i nostri
avversari.
Per cui, un passo indietro e due avanti: non più un presidente ma una
coppia di presidenti, una squadra, un uomo e una donna che intendono
con ancor più forza portare avanti il progetto di Libera Sicilia.
Claudio Fava e Giovanna Marano. Lo stesso simbolo, la stessa idea
civile, la stessa convinzione che oggi tutto questo sia possibile.
È stata una scelta di responsabilità. Una scelta per me convinta e al
tempo stesso dolorosa: la convinzione di poter offrire a una splendida
candidata come Giovanna Marano il compito di raccogliere questa sfida,
il dolore di aver subito – io, voi, tutti – una violenza politica da
parte di chi ha costruito, fra Termini Imerese e Roma, la campagna
d’opinione sui presunti vizi di forma della mia candidatura.
Gli stessi che adesso, con umana miseria, imbeccano i giornalisti di
qualche foglio amico per far credere che questa trappola sia stata
pensata dentro i nostri partiti. Che sono invece il nostro punto di
forza. La determinazione con cui SEL e Nichi mi hanno accompagnato in
questi mesi, la convinzione con cui hanno sostenuto le mie scelte di
questi giorni sono state il mio punto di forza.
Questa forza, questa convinzione adesso deve diventare l’anima della
nostra campagna elettorale. Con Giovanna, con i nostri assessori, con i
candidati, con le donne e gli uomini che si sono riconosciuti nelle
parole libere di questo progetto. Governare senza firmare cambiali,
partecipare senza chiedere permesso, scegliere senza dover obbedire a
nessuno. È la Sicilia che vogliamo e che c’è già: aiutatemi in queste
settimane a far sì che questa Sicilia sappia di sé, che mantenga intatto
l’orgoglio della sfida. Io ci sono e ci sarò. Con la nostra faccia, col
vostro cuore questa terra la libereremo.
Claudio Fava
fonte: liberasicilia2012.it/
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