Il voto di oggi al Senato rappresenta un passo indietro nella
civiltà dei diritti del mondo del lavoro, precarizza ulteriormente il
nostro mercato del lavoro, sfregia l’articolo 18 e non risponde alle
giovani generazioni imprigionate nella precarietà
esistenziale. L’asprezza della crisi sociale ed economica meriterebbe
risposte forti e coraggiose, sia in termini di rilancio di politiche
attive per il lavoro e di difesa e valorizzazione del patrimonio
industriale, sia in termini di riqualificazione e irrobustimento del
Welfare. Si va invece nella direzione contraria.
Si sono illuse le giovani generazioni, in loro nome si è approvata
una riforma che peggiora le condizioni dei precari, delle partite iva e
dei lavoratori autonomi, lasciati senza sostegno al reddito e
distruggendo il poco welfare rimasto.
Il dogmatismo ideologico dei liberisti al governo rifugge dal
confronto con la realta’ e impone scelte che stanno aggravando la crisi
del Paese. Al dramma della disoccupazione crescente si risponde con i
licenziamenti facili. Una volta aperto quel varco nel settore privato,
di conseguenza si reclama la liberta’ di licenziamento anche nel
pubblico.
La questione sociale riesplode in forme di dilatazione quotidiana
dell’area della poverta’, e a questo si replica implementando il
prelievo diretto e indiretto dai ceti medio-bassi. Tutto nel nome della
cosiddetta Europa, intendendo per Europa nulla che somigli ad un
processo di legittimazione democratica, nulla che dimostri
consapevolezza per i rischi di rottura della coesione sociale e per i
conseguenti rischi di collasso della civilta’ europea.
Penso che siamo molto vicini al punto di fusione tra rottura sociale e
crisi democratica: spero che la politica sappia intendere l’estrema
drammaticita’ di questo passaggio davvero storico e soprattutto sappia
offrire una risposta capace di evocare un’alternativa credibile e capace
di dare speranza a un’Italia ferita e spesso persino disperata.
Nichi Vendola
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