mercoledì 15 febbraio 2012

Finito il patto sociale fondato sul lavoro


di A. Lombardi e P. Pesacane
 
Si è conclusa la vicenda “De Filippo bis”, con una giunta che, senza destare particolare stupore, conferma l’orientamento politico di centro, che ha caratterizzato tutte le fasi della Presidenza De Filippo.
La novità e, forse una contraddizione della post modernità, è che l’annuncio politico su cui questa giunta vorrebbe caratterizzarsi è una intenzione tutt’altro che moderata: Reddito per tutti-e. Noi non vorremmo che fosse uno dei tanti annunci che si disperde nella battaglia virtuale che infiamma la politica dell’oggi e proviamo a partecipare ad un dibattito, che non è affatto nuovo né in Europa, né in Italia, né in questa Regione.
Lo ricordava Paride Leporace è questo un tema che ha appassionato i giovani degli anni 70, l’intellettualità della sinistra radicale dell’epoca e che la sinistra lavorista non ha colto. Non certo per una sorta di “stupidità” ma nella convinzione che il patto sociale fondato sul lavoro non potesse essere più messo in crisi. Questo in realtà con la società della precarietà è stato ampiamente smentito.

Non è un caso che con la comparsa dei No global si è riacceso il dibattito politico anche su questo tema. Abbiamo provato a farlo vivere in Basilicata in fasi diverse, in ultimo lo scorso giugno quando in occasione della presentazione del rapporto sulla povertà, abbiamo appunto sostenuto la necessità di istituire un reddito minimo come contrasto alle nuove povertà e come elemento decisivo per liberare i giovani da un destino sospeso tra la fuga e il vassallaggio.
L'Unione Europea dal '92 ha già emanato due diverse raccomandazioni sul reddito minimo che l'Italia fino ad ora non mai tenuto in considerazione condividendo questo primato negativo assieme alla Ungheria e alla Grecia. In questi giorni, tuttavia,  il dibattito infuria e non solo in Basilicata. Il Governo Monti che vorrebbe cancellare gli ultimi residui di welfare apre alla necessità di istituire una forma di reddito minimo e guarda un po’ anche nella nostra regione ci si allinea e i fondi per realizzarlo non sono più un problema. Bene.
E’ evidente che non siamo più negli anni 70 e che parlare di questo argomento tentando di ideologizzare divisioni tra chi sostiene i diritti e chi sostiene il lavoro è come continuare a parlare dei dinosauri.
L’imperversare della crisi con il suo carico di disuguaglianze e devastazioni sociali pone all’ordine del giorno il tema di come si arginano le nuove povertà.
Per questo reddito per tutte-i è la sfida  dell’oggi che dobbiamo accettare dentro e oltre la crisi. Il patto sociale fondato sul lavoro non funziona più e o siamo capaci di ripensare un welfare delle cittadinanze che apre a nuovi diritti e a altre possibilità e opportunità o saremo macinati dalle danze della borsa che chiedono impoverimento collettivo e oligarchie al potere.
Per questo siamo tra quelli che da tempo e anche in questi giorni stanno chiedendo con forza l’istituzione del reddito minimo perché siamo convinti che possa essere una idea direttrice su cui rifondare un nuovo welfare che non deleghi alle famiglie, sempre più pressate dalla quotidianità il futuro dei propri figli, che non lasci spaesati i giovani di fronte a un mondo del lavoro che quando c’è cancella dignità e diritti, che non crei disparità generazionali tra padri e figli, che non condanni le donne ad un destino di povertà o di moglie, che appunto sia un welfare di opportunità per far crescere relazioni tra uguali.
Siamo certi che la Basilicata ha bisogno di questa misura e di sperimentarla con i giovani, con la generazione della precarietà, altrimenti questa regione sarà spazzata via dalla crisi ancora prima delle altre. Non si vive senza futuro e questo sono i giovani e se quelli che restano sono incatenati possono riprodurre solo il medioevo. Abbiamo lavorato in questi mesi e costruito tante e tanti di diversa estrazione una proposta di legge che siamo certi sarà un modo valido per riaprire una dialettica politica. Noi siamo certi che tutti impariamo dall’esperienza e non siamo disponibili a chiamare reddito misure che o sostengono solo coloro che rientrano nella fascia estrema delle marginalità sociali o finanziano gli enti di formazione che propongono cose trite e ritrite, o redditi ponte che sembrano il ponte sullo stretto. Non è tempo per i dejà vue, è tempo di incalzare sostenere il diritto ad una vita degna di essere vissuta, a infondere fiducia nelle possibilità che il futuro sempre contiene. Per questo  la misura del reddito, nella crisi, può essere quella leva per come diceva Andrè Grorz  “favorire la fioritura di una nuova socialità, di nuovi modi di cooperazione e di scambio, mediante i quali siano creati legami sociali e coesione sociale al di là del salariato” . Noi siamo in campo per vincere la sfida ci auguriamo di incontrare interlocutori e non annunci pubblicitari.

Nessun commento:

Posta un commento