mercoledì 11 aprile 2012

L’indecenza di una riforma fatta contro i giovani


C’è una sola cosa ancora più insopportabile dei contenuti della riforma del mercato del lavoro con cui il governo Monti ha introdotto di fatto la libertà di licenziamento: è l’alibi che adduce per giustificarli. Mario Monti lo ha ripetuto anche negli ultimi giorni. La riforma, arrembaggio contro l’art.18 incluso, serve per dare lavoro ai giovani e ridurre il precariato.
E’ una bugia doppiamente odiosa. Perché cerca truffaldinamente di contrapporre i padri ai figli e perché usa strumentalmente il disagio dei giovani senza far praticamente nulla per alleviarlo. Per i precari questa riforma non comporterà nessun miglioramento. Rischia in compenso di peggiorare la situazione. Quel che c’è nel testo è molto poco e facilmente aggirabile, quel che manca è tutto ciò che di incisivo si poteva fare.

Le tipologie contrattuali 46 erano e 46 restano, salvo modifiche di dettaglio del tutto ininfluenti. La giungla che permette alle aziende di saltare da un modello di contratto all’altro a seconda delle convenienze e della necessità di aggirare ogni sorta di obbligo era fittissima. Monti e Fornero non la hanno sfoltita neppure di una fogliolina.

L’aumento dei contributi per il lavoro precario dovrebbe costituire un deterrente e invogliare le aziende ad assumere a tempo indeterminato: barzelletta di cattivissimo gusto. L’aumento riguarda una sola tipologia, glissa sulle altre 45. Anche a non voler considerare questo particolare, l’aumento non è di portata tale da rendere l’assunzione a tempo indeterminato conveniente rispetto al ricorso ai precari. Inoltre dei contributi maggiorati in questione nemmeno un euro finirà nelle tasche dei precari. In concreto, dunque, si tratta di una tassa sul precariato che lo Stato incasserà e della quale le aziende si rivarranno sui precari pagandoli un po’ meno al netto.

Della modifica degli ammortizzatori sociali veicolata dall’introduzione dell’Aspi il grosso dell’esercito precario non se ne accorgerà neppure. Per chi ha un contratto a progetto e un co.co.co. come per chi è detentore di una falsa partita Iva non cambia una virgola. Ma anche dal gruppo di quelli che potranno accedere al sussidio, cioè chi ha un contratto subordinato a tempo determinato, resteranno esclusi proprio i più giovani e i più anziani. Sono proprio queste le fasce penalizzate dalla clausola capestro per cui accederà all’Aspi solo chi potrà vantare 2 anni di anzianità contributiva e 52 contributi settimanali versati nell’arco del biennio.

A proposito di false partite IVA, quelle cosiddette “monocommittenti”: la nuova normativa imporrebbe di stabilizzare i lavoratori dipendenti travestiti in presenza di almeno due requisiti sui seguenti tre: 75% o più del reddito ricavato dalla stessa fonte, rapporto più che semestrale e postazione fissa nella sede lavorativa. L’ostacolo non è precisamente proibitivo. Lo salterebbe anche un brocco, essendo sufficiente indicare un progetto e passare in volata al co.co.pro. per evitare rogne di sorta. Ma nella maggioranza dei casi non ci sarà bisogno di affaticarsi tanto. La normativa infatti non è valida per le professioni dotate di ordine o albo professionale; giornalisti, ingegneri, architetti… In breve, tutti quelli che abitualmente si avvalgono delle false partire Iva.

Si potrebbe continuare ma conviene fare invece il punto su quel che ci sarebbe dovuto e potuto essere ma, guarda caso, è invece assente. Per i precari, giovani e meno giovani, il punto cruciale sono i lunghi periodi privi non solo di retribuzione ma anche di apporti contributivi. E’ in virtù di quei “buchi” retributivi e contributivi che i precari vivono nella totale insicurezza sia per l’oggi che per il domani, senza poter progettare niente nel presente e senza poter usufruire di una pensione domani.

Il cuore del problema era questo e la stessa Fornero, appena insediata, aveva indicato la necessità di coprire quei periodi di buchi con una sorta di reddito minimo come in quasi tutti gli altri Paesi europei. Poi, con la finezza di tratto che la distingue, ha fatto sapere che non se ne parla e che in Italia non si può fare “sennò tutti si siederebbero a mangiare la pastasciutta”.

Nella sua impareggiabile volgarità questo è ciò che la Fornero pensa dei giovani e dei lavoratori di questo Paese. Almeno avesse la decenza di non usarli come alibi e copertura.

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