Pubblichiamo l’intervista di Daniela Preziosi a Nichi Vendola uscita ieri su Il Manifesto.
Presidente Vendola, per il professor Monti lei e Stefano
Fassina siete conservatori. E lui invece è il riformista, anzi
«riformista estremo». Le torna?
“Nelle parole di Monti c’è il riflesso condizionato di un codice
genetico talmente aristocratico da considerare i diritti del mondo del
lavoro come un orpello ottocentesco, un impedimento a godere dei
benefici della modernità liberista. Difendere i ceti possidenti sarebbe
invece l’innovazione”.
Sta dicendo che Monti ha un’idea di modernità indietrista?
“Spero che sia finita la stagione del conformismo del dibattito
pubblico, tutto coccole e patriottismo montiano, e che si possa
esprimere un giudizio sull’azione del governo Monti e sulle performance
dei vari ministeri. È incredibile come il presidente del consiglio, nel
giudizio apologetico che dà del proprio gabinetto, rifugga dal confronto
con l’inasprimento della crisi sociale nel paese, eviti di evocare la
caduta della produzione industriale, la crescita inarrestabile della
disoccupazione e l’onda recessiva. Il primo dovere di un buon riformista
è non mascherare la realtà vestendola con gli abiti dei propri
convincimenti ideologici”.
“Si è appena chiusa una stagione in cui la sinistra si è divisa nel
giudizio sull’esperienza del governo. Noi, Sel, abbiamo scelto di non
agire il nostro dissenso crescente verso il governo come un elemento di
rottura con il Pd, che poteva essere fatale per una prospettiva di
alternativa in Italia. Oggi quell’austerità, che noi consideriamo di
destra, ha concluso il proprio ciclo. Il polo progressista va al voto
per vincere e governare l’Italia per cambiare agenda, per mettere al
centro quella questione sociale su cui con tanta solennità è intervenuto
nel discorso di fine anno il capo dello stato”.
Allora perché Enrico Letta, vice di Bersani, dice che
Berlusconi e Grillo sono vostri avversari e invece con Monti sarà una
’leale competizione’? Non è che, per fare un esempio, sarete costretti a
chiedere a Giorgio Airaudo, della Fiom, cui avete chiesto di entrare in
parlamento, di votare un governo con dentro Monti o i montiani?
“Confondere due livelli che non vanno confusi è ormai un giochino di
società. Parlo del livello dell’impegno parlamentare a sostegno del
programma di governo, che sarà – se vinciamo – un governo progressista,
con il lavoro parlamentare per riformare l’architettura dello stato, per
cambiare la legge elettorale, per condividere un ridisegno degli
assetti istituzionali che sia in profonda sintonia con il dettato
costituzionale. La Costituzione repubblicana è stata indicata come un
orpello bolscevico dal leader della destra (Berlusconi, ndr) e viene
considerata carta straccia da qualunque predicazione populista. Con le
forze moderate e liberalconservatrici di impianto europeo è necessario
discutere ed eventualmente anche convergere sulle regole e sulle riforme
istituzionali. Certo non potrà essere Monti a dettare ancora regole in
quel mercato del lavoro che è rimasto senza regole e senza lavoro. Sugli
uomini e le donne che abbiamo in lista voglio aggiungere che sono un
progetto politico”.
Secondo Casini Bersani non potrà essere premier se non avrà anche la maggioranza al senato.
È bellissimo che ci sia chi, mentre sponsorizza come premier uno che
sicuramente non ha la maggioranza né alla camera né al senato, poi provi
a fare esercizio di interdizione a chi ce l’ha. Le élite
liberalconservatrici spesso si esercitano in lezioni di moderazione: ma
poi appaiono improvvisamente insofferenti nei confronti delle procedure
democratiche. C’è un fantasma che la politica italiana non riesce
proprio a nominare: le primarie. Le primarie hanno prodotto un evento
pesante, e cioè l’impedimento materiale alla realizzazione del vero
disegno di Monti: allearsi con una sinistra che alza bandiera bianca e
proclama come programma di governo la propria resa culturale.
Del resto per Monti la distinzione destra-sinistra oggi «ha molto meno senso» rispetto al passato.
“Può dirlo perché per lui la politica non ha senso. La politica per
lui è divorata da un luogo cannibale, la «Tecnica», per metà scienza e
per metà religione, una specie di ibrido che, godendo di un consenso del
tutto minoritario nella società italiana, dovrebbe dettare le linee di
sviluppo del futuro del paese. Lo ha deciso lui, per ragioni di classe,
di frequentazioni sociali con persone rispettabili, che vengono
prevalentemente dalle banche e dalle finanze, e cioè da un mondo che ha
responsabilità nella crisi. E che si presentano come una sovranità
metapolitica”.
A proposito di sinistra, le primarie del Pd hanno ’premiato’
la sinistra del partito. Penso alla forte affermazione a Roma di Stefano
Fassina, altro ’conservatore secondo Monti, o di Matteo Orfini. Fanno
concorrenza a Sel?
“C’è davvero troppa poca sinistra nella società italiana. È caduta la
cultura della solidarietà, si è illividito il profilo della giustizia
sociale, sono regrediti i diritti. Abbiamo bisogno di fare una semina
lunga e larga. C’è bisogno di tanta gente, storie, testimonianze,
militanti, volontari”.
Il Pd ha fatto sottoporre alle primarie quasi tutti i
componenti della sua segreteria nazionale. Voi avete fatto la scelta
opposta. Perché?
“Il Pd deve rinnovare la sua classe dirigente. Noi invece dobbiamo
costituire. In un partito che nasce, il gruppo dei fondatori costituisce
una garanzia del progetto politico, e anche la garanzia di poter
esercitare un orientamento politico affinché i territori possano aprirsi
culturalmente e non ridursi ad essere l’espressione dei notabilati
locali”.
Il magistrato Ingroia, il candidato premier arancione, di
nuovo chiede un dialogo con Grillo. Lei crede che sia possibile un
dialogo con lui?
“Per tutti noi che ci candidiamo al ’parlamento’ il nome stesso di
questo luogo indica una postazione per parlarsi. Parlare è importante
soprattutto fra differenze, fra consanguinei il discorso può diventare
noioso. Un modo di uscire dalle pratiche del fanatismo – nella storia
della cultura comunista il riferimento è allo stalinismo – consiste nel
fatto di non vivere con spirito belluinola differenziazione in un’area
contigua. È sbagliato investire sulle differenze, sulle fratture del
variegato mondo delle culture politiche della sinistra. Per quello che
mi riguarda, questa trasizione è turbolenta, ci propone scenari davvero
inediti. Ognuno è impegnato in una ricerca. Per me l’alternativa è una
linea politica, ma anche una ricerca. Non abbiamo cieli di stelle fisse
sulle nostre teste”.
Lei sente ostilità da parte arancione? Ingroia vi ha chiesto un incontro.
“Non sento ostilità e non la esercito. Dobbiamo discutere di cose:
beni comuni, diritti negati. Vale la pena non confrontarsi per
preclusioni preventive. Bene ha fatto Ingroia a chiedere di interloquire
con Bersani, sta a Bersani decidere ed io non gli tirerò la giacca. Poi
ciascuno giocherà la sua partita e farà la sua scommessa. Ma sarebbe
una cosa nuova e importante se questa riarticolazione delle forze
tradizionalmente appartenenti all’universo della sinistra – il grillismo
in un’area non classificabile, gli arancioni all’estrema sinistra, Sel
in una sinistra di confine fra radicalismo e riformismo, e infine in
un’area di riformismo talvolta fin troppo temperato il Pd – servisse a
una discussione sulla realtà del paese. E aiutasse tutti noi a trovare
le risposte migliori. Anche da collocazioni differenti”.
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